Non sapeva dov’era, aveva aperto gli occhi e si era trovata in un letto tutto bianco, coperta, lenzuola e cuscino, tutto era come un sudario di nebbia bianca e gelata.
La testa le pesava come un masso mentre dentro le pareva vuota, ovattata come l’aria.
Si stropicciò gli occhi, si svegliò del tutto e capì di essere in un ospedale.
Non poteva sbagliare, accanto a lei un comodino di plastica e latta verdino e poi altri due letti e altri due comodini identici ai suoi, infine un armadio sempre di plastica e latta e pareti tinteggiate di bianco e sempre quel verdino da ospedale. In un angolo, in alto sulle pareti, c’era una telecamera.
In che razza di ospedale era finita?
Nel mentre arrivò una tipa con cuffia e camice bianco che le porse una manciata di pillole e pastiglie:
«Si è svegliata? Il medico la vedrà più tardi, intanto, da brava, prenda queste, su, con un bel sorso d’acqua».
E non se ne va, pretende che ingoi le pillole, bevo e ne ingoio una ma le altre le infilo sotto la lingua e, appena l’infermiera gira le spalle, vado sotto le lenzuola per non farmi vedere dalla telecamera, le sputo e penso:
– Come mai mi trovo qui? Cosa è successo? –.
Non ricordo, non ricordo nulla, i miei ricordi si fermano alle vacanze al mare, le tanto agognate vacanze, dopo un periodo di lavoro stressante. Rammento di essere stesa sul lettino ad asciugarmi, dopo aver fatto una nuotata in mare e mi ritrovo direttamente in un letto d’ospedale, un nosocomio con le telecamere, ma dove sono finita?
All’improvviso la voglia di fare una doccia, non ho nulla con me, né una borsa, né un pigiama, né pantofole, ho solo una maglietta e un paio di jeans che indosso, le scarpe da ginnastica sotto il letto. Sfilo un lenzuolo dal letto e mi infilo nel bagno, trovo del sapone, mi spoglio completamente nuda e vado sotto la doccia. L’acqua mi rigenera, sembra far scivolare via tutta la nebbia dalla mente, mi avvolgo nel lenzuolo pulito e torno a letto.
Nell’uscire dal bagno noto in alto un’altra telecamera, anche nel luogo più privato si è osservati, arrossisco più dalla rabbia che dalla vergogna, ma non è tempo né di vergogna né di rabbia, occorre che capisca perché sono finita qui. Stesa nel letto mi rilasso, mi sento pulita dentro e fuori e, prima di cadere nel sonno, rammento che tutto è iniziato con uno spaventapasseri.