Genova, estate Milano d’estate mi fa sudare, una cosa davvero originale. Sento i vestiti appiccicati e spiegazzati, la pelle di un serpente in attesa della muta; per strada si voltano a guardarmi. Non c’entra il fascino, è tutto merito della barba di due giorni, i capelli spettinati e gli occhiali sporchi. Beh, anche l’occhio pesto e i lividi non migliorano lo spettacolo, pare una foto segnaletica. Un po’ di sangue non guasta, ravviva i vestiti: è mio, ma sui pugni ne conservo tracce di altri. E le lacrime, hanno macchiato le mie lenti. Uscite per curiosità, dolore e gioia. Asciugate per il caldo. Giorni di un’estate tra Genova e Milano, con suggestioni di Grecia. Da chirurgo a detective, Don Chisciotte di noialtri; dal bisturi ai pugni, dal cervello alla pancia. Mostri in sala operatoria, guasti della natura; ombre dietro gli angoli delle vie. Spazzatura da pulire, ma quando usi lo smacchiatore un po’ di sporco addosso ti resta. E ognuno di noi fa come crede, lo porta con sé o cerca qualcosa per toglierlo. La bellezza è un buon rimedio, l’ho trovata in un paio di occhi. Sincera, giovane, prigioniera di un padre assente. Lei in cerca di un amico, io della seconda occasione. Ma la bellezza può essere il vestito preferito del male, la glassa stupenda di una torta cattiva. Allora cosa fai? Combatti le ombre con la tua parte oscura, abbandoni la razionalità e segui l’istinto. Lasci la moglie per una sera e trascorri il tempo con l’amante. Stanchezza, per concludere. O per iniziare, perché sangue, sudore e lacrime sono l’essenza della vita. Che scorrano nelle vene, per strada, sulla pelle. Per fatica, amore o angoscia; l’importante è che scorrano. Come la vita, come i guai. ~10~ Una mattina di luglio Ore 8:00 Spiaggia di Varigotti, Provincia di Savona La sabbia fresca cede sotto i piedi nudi accarezzati dal brivido leggero delle onde; cammina lento sulla battigia che il mare limpido bacia con timidezza, per allontanarsi rapido. Massaggia il mento e sfiora prudente lo zigomo destro, fa ancora troppo male; non gli serve uno specchio per vedere la guancia gonfia e l’occhio pesto. Fanno male entrambi, non quanto i lividi celati dai vestiti; non come le ferite nascoste, quelle profonde, e più scure. Fanno male sul serio anche le cicatrici, destinate a diventare un segno del tempo e forse solo questo sarà il solvente per i ricordi, per sfumare le tracce. Il numero che lampeggia improvviso sul display del cellulare lo distrae dal film delle ultime settimane, dai volti e dalle voci che affollano la mente. È un prefisso estero, lascia suonare a lungo e poi, non senza esitazione, sfiora il touch-screen. «Ciao finalmente ti sei deciso, stavo per riattaccare». Un accenno di sorriso tenta di rallegrare il viso pesto, la voce che non ti aspetti è una spugna fresca sui lividi. «Non pensavo di sentirti, da quando cavalchi l’arcobaleno». «Lo posso immaginare, ma non è così facile. Non hai visto il prefisso?». «Certo, non lo conosco ma riesco a intuire. Come te la passi laggiù»? «Bene, siamo al mare, per la precisione in un’isola. Non ha importanza il nome, ma è bella e la gente del posto è simpatica. E non fa domande». «Lei come sta, ha assorbito la botta?» .«La conosci, ha dovuto cambiare vita ed è ossessionata dal passato». «E tu dal futuro». ~11~ «Non più, cerco solo di capire il mio presente». «Hai trovato quello che cercavi?». «No, ma non mi manca il tempo per cercarlo. Tu invece?». «Sopravvivo, sono in spiaggia e penso che farò un tuffo». «Sei tornato quello di sempre, nessuna seconda occasione. Sai che va bene così, ti abbraccio». «Anch’ io, stretta. Chissà poi che non venga a trovarti». «La Grecia ha centinaia di isole, fai il pieno di pazienza. Ciao». ~12~ Milano